Il Complesso Nuragico di Romanzesu rappresenta una delle più straordinarie testimonianze della civiltà nuragica in Sardegna. Situato a 750 metri sul livello del mare, in località “Pudd’Arvu”, questo esteso villaggio-santuario si trova immerso in un suggestivo paesaggio naturale caratterizzato da boschi di sughere e affioramenti granitici, a circa 13 chilometri da Bitti, in provincia di Nuoro.
Un Insediamento Straordinario
Il sito, che si estende per oltre sette ettari, rappresenta un esempio eccezionale di villaggio-santuario dell’Età del Bronzo. La sua posizione strategica, vicino alla sorgente del fiume Tirso, ne faceva un importante centro religioso e sociale. Il complesso, di cui solo un decimo è stato portato alla luce attraverso sette campagne di scavo condotte tra la fine degli anni ’80 e il 2001, comprende circa cento capanne e numerosi edifici di culto, testimoniando una straordinaria complessità architettonica e organizzativa.
L’origine del toponimo “Romanzesu” è legata alla presenza di testimonianze di epoca romana nelle vicinanze, tra cui una stele funeraria del soldato Decumus, appartenente alla Cohors Aquitanorum, rinvenuta in località “Sa Pathata”. Questa continuità di frequentazione testimonia l’importanza strategica e culturale dell’area attraverso i secoli.
Il Cuore Sacro: Il Pozzo e l’Anfiteatro
Il centro monumentale del complesso è rappresentato dal pozzo sacro, una struttura che risale all’Età del Bronzo recente e finale (XIII-IX secolo a.C.). Il pozzo, costruito con una struttura a tholos, presenta diciannove filari in blocchi di granito e una caratteristica copertura a pseudocupola ogivale. All’interno, una panchina perimetrale seguiva originariamente l’intera circonferenza del vano, mentre due betili (cippi in granito simboleggianti la divinità) sono stati rinvenuti ai lati della struttura.
Una delle caratteristiche più affascinanti del sito è il collegamento tra il pozzo sacro e un imponente anfiteatro attraverso un canale gradonato lungo 42 metri. L’anfiteatro, una grande vasca circolare circondata da sei tribune a gradoni, si sviluppa su un dislivello di 1,60 metri e probabilmente raccoglieva l’acqua del pozzo quando superava il livello della scala. Questo spazio era probabilmente destinato a cerimonie collettive, abluzioni rituali e, secondo alcune fonti antiche, poteva essere utilizzato anche per l’ordalia dell’acqua nei giudizi sui delitti contro la proprietà.
Architettura e Vita Quotidiana
Le capanne del villaggio rivelano una notevole complessità architettonica. Le cosiddette “capanne delle riunioni”, di cui sono state portate alla luce cinque esempi, presentano una pianta circolare con pavimento lastricato, sedili perimetrali in pietra e un focolare centrale. Alcune si distinguono per le loro grandi dimensioni e per la presenza di nicchie e muri divisori interni, suggerendo una differenziazione funzionale degli spazi.
Particolarmente significativa è la presenza di due templi a megaron, strutture rettangolari allungate con vestibolo e cella. Il tempio a megaron A, in particolare, mostra tre fasi edilizie distinte che coprono un arco temporale dal XV al IX secolo a.C., testimoniando l’evoluzione architettonica e cultuale del sito. La presenza di banconi perimetrali per le offerte votive e di elementi architettonici specifici suggerisce un uso rituale altamente codificato.
Il Misterioso Labirinto e gli Altri Edifici di Culto
Una delle strutture più enigmatiche del complesso è il cosiddetto labirinto, databile al XIII-IX secolo a.C. Questa costruzione, caratterizzata da muri concentrici che conducono attraverso un corridoio ad anello a un vano centrale rotondo, rappresenta un unicum nell’architettura nuragica. Il ritrovamento di numerosi ciottoli fluviali di quarzo bianco e rossiccio nel vano centrale, insieme a un particolare reperto a forma di torre nuragica, suggerisce un possibile uso rituale della struttura.
Il complesso comprende anche altri edifici di culto significativi, tra cui un tempio rettangolare o Heroon che ha restituito preziosi reperti in ambra, testimoniando contatti commerciali a lungo raggio. La varietà e la ricchezza degli edifici sacri suggeriscono che Romanzesu fosse un importante centro religioso regionale, dove si svolgevano cerimonie complesse che coinvolgevano probabilmente comunità provenienti da un ampio territorio.
La Vita del Santuario attraverso i Secoli
I reperti archeologici rinvenuti nel sito permettono di tracciare una lunga storia di utilizzo che va dal XIV al VII secolo a.C. Particolarmente significativo è il ritrovamento di ceramica di tipo red slip ware del VII secolo a.C., che marca il probabile periodo di abbandono del villaggio. La presenza di materiali di diversa natura e provenienza, tra cui ceramiche, oggetti in bronzo e piombo, testimonia l’importanza del sito come centro di scambio e la sua partecipazione a reti commerciali estese.
L’importanza di Romanzesu non si esaurisce con la fine dell’età nuragica, come dimostrano le evidenze di frequentazione in epoca romana. Questa continuità d’uso suggerisce che il sito mantenne un significato particolare per le popolazioni locali anche molto tempo dopo la fine della civiltà che lo aveva creato, rappresentando un punto di riferimento culturale e religioso duraturo nel tempo.
Dove mangiare nei dintorni
L’area intorno al Complesso Nuragico di Romanzesu offre diverse opportunità per scoprire l’autentica tradizione gastronomica della Barbagia. A Bitti e nei paesi limitrofi si trovano diversi agriturismi dove è possibile gustare piatti della tradizione barbaricina preparati con ingredienti locali e stagionali. La cucina di questa zona si distingue per i suoi sapori decisi e autentici, con specialità come la pecora in cappotto, le zuppe di legumi locali, i tradizionali culurgiones e la celebre produzione di formaggi ovini, tra cui il rinomato Fiore Sardo DOP.
Il territorio è noto anche per la produzione di salumi artigianali e pani tradizionali come su pane carasau. Durante la stagione autunnale, molti ristoranti propongono menu speciali basati sui prodotti del bosco, come funghi e castagne. Le trattorie familiari offrono menu fissi che permettono di assaggiare i piatti più rappresentativi della cucina locale, mentre gli agriturismi spesso propongono anche la vendita diretta di prodotti tipici come formaggi, salumi e miele.
Dove dormire nei dintorni
Il territorio circostante il sito archeologico offre diverse soluzioni di alloggio che permettono di immergersi completamente nell’atmosfera della Barbagia. Gli agriturismi della zona rappresentano un’opzione particolarmente interessante, offrendo sistemazioni in strutture tradizionali spesso ricavate da antichi ovili o dimore pastorali restaurate. Queste strutture combinano il comfort moderno con l’autenticità dell’architettura locale e spesso offrono anche esperienze come degustazioni di prodotti tipici o dimostrazioni di tecniche tradizionali.
Nel centro di Bitti e nei paesi vicini si trovano piccoli hotel familiari e bed & breakfast che offrono un’ospitalità calorosa e personale. Per chi cerca un’esperienza più indipendente, sono disponibili case vacanza e appartamenti, spesso ricavati da abitazioni storiche restaurate, che permettono di vivere l’atmosfera autentica dei borghi della Barbagia. Alcune strutture offrono anche la possibilità di partecipare a escursioni guidate nel territorio e di assistere alle esibizioni del caratteristico canto a tenore, patrimonio UNESCO.
Domande e Risposte
Concludiamo la nostra guida con una serie di domande e risposte su questo importante sito storico.
Qual è l’estensione del sito archeologico e quanto è stato scavato?
Il sito si estende per oltre sette ettari, ma solo un decimo dell’area è stato portato alla luce attraverso sette campagne di scavo tra la fine degli anni ’80 e il 2001.
Come funzionava il sistema del pozzo sacro e dell’anfiteatro?
Il pozzo sacro era collegato all’anfiteatro attraverso un canale gradonato lungo 42 metri. L’acqua sorgiva veniva incanalata fino a confluire nel vascone anfiteatro, utilizzato per cerimonie e rituali.
Cosa rende unico il labirinto di Romanzesu?
Il labirinto è una struttura di muri concentrici del XIII-IX secolo a.C. che conduce a un vano centrale rotondo con basamento circolare, rappresentando un unicum nell’architettura nuragica.
Quali sono le fasi costruttive del tempio a megaron?
Il tempio ha attraversato tre fasi: la costruzione iniziale (XV-XIV sec. a.C.), l’aggiunta di una facciata rettilinea (XIII-XI sec. a.C.), e la creazione di un ambiente con fronte absidato (X-IX sec. a.C.).
Perché il sito si chiama Romanzesu?
Il nome deriva dalla presenza di testimonianze di epoca romana nelle vicinanze, tra cui una stele funeraria di un soldato della Cohors Aquitanorum.
Come erano strutturate le capanne delle riunioni?
Avevano pianta circolare, pavimento lastricato, sedili perimetrali in pietra e un focolare centrale. Alcune presentavano nicchie e muri divisori interni.
Che tipo di reperti sono stati trovati nel sito?
Sono stati rinvenuti oggetti in ceramica, tra cui red slip ware del VII secolo a.C., manufatti in bronzo e piombo, e preziosi oggetti in ambra.
Quando è stato scoperto il sito?
Le prime notizie risalgono al 1919, quando l’archeologo Antonio Taramelli venne informato della presenza del pozzo sacro durante lavori di ricerca d’acqua.
Quali erano le funzioni dell’anfiteatro?
L’anfiteatro era utilizzato per cerimonie collettive, abluzioni rituali e possibilmente per l’ordalia dell’acqua nei giudizi sui delitti.